Negli ultimi decenni nella nostra società si è assistito a un aumento sempre più preoccupante di casi di bulimia e di anoressia, disturbi che influenzano il comportamento alimentare e che possono portare ad alterazioni consistenti del peso corporeo e a disfunzioni di tipo sia fisico che psicologico. I dati ci portano a riflettere sempre di più sugli stili di vita che la nostra società occidentale propone, che trovano nelle personalità fragili le vittime inconsapevoli delle logiche di mercato e dei canoni di bellezza estremizzati.
Anoressia
Il disturbo dell’anoressia si innesca quando una persona si autoinfligge una restrizione alimentare volontaria che causa in breve tempo un drastico calo di peso corporeo.
Nel 90% dei casi i pazienti che soffrono di questo disturbo sono donne in età giovane o adolescenziale, più sensibili alla diffusione di modelli di bellezza femminile da parte dei mass media. Questo tipo di disordini, però, non influenza solamente l’aspetto estetico, ma ha ripercussioni ancora più gravi dal punto di vista emotivo, psicologico e relazionale, dando origine a difficoltà nelle relazioni sociali che si ripercuotono negativamente sulla vita di tutti i giorni.
Ci sono, inoltre, numerosissimi casi definiti “sottosoglia”: parliamo di soggetti che non manifestano tutti i sintomi necessari per una diagnosi di anoressia, ma che mettono in atto comportamenti assimilabili: evitare di mangiare in pubblico, praticare un’attenta selezione dei cibi, essere ossessionati da orari e porzioni o praticare sport in maniera eccessiva. Questi sono i primi segnali a cui famigliari e amici dovrebbero prestare attenzione per intervenire in tempo e aiutare la persona in difficoltà.
Bulimia
Come per l’anoressia, chi soffre di bulimia spesso manifesta sintomi quali disturbi della personalità, depressione, disturbi d’ansia e senso di colpa ingiustificato. Anche qui, i terremoti emotivi si riversano sul cibo, ma in modo diverso: i bulimici mettono in atto episodi di abbuffate incontrollabili con successivo vomito autoindotto.
Questi comportamenti sono spesso indipendenti rispetto alla percezione della fame e nascono invece da altri fattori di tipo psicologico, che danno il via al bisogno di assunzione di quantità sproporzionate di cibo. Spesso chi soffre di questo disturbo cerca di compensare gli eccessi facendo molta attività fisica o attraverso l’uso di diuretici e lassativi.
La sensazione di vergogna opprimente e il basso livello di autostima non consentono di parlare dei loro problemi e, anche di fronte alla preoccupazione dei propri cari, tendono a negare qualsiasi forma di disagio. È molto difficile per una persona risolvere senza un aiuto il circolo vizioso in cui si trova intrappolato, perché è incapace di trovare un equilibrio tra abbuffate, diete ferree, controllo ossessivo del peso e percezione distorta della propria immagine.
La percezione del sé
Questi disturbi alimentari sono collegati a una distorta percezione della propria immagine corporea che arriva a dettare comportamenti e abitudini, innescando una spirale di sofferenza che spesso viene tenuta nascosta il più a lungo possibile. Raramente chi soffre di questi disturbi chiede aiuto per cui sta alle persone che gli sono accanto accorgersi dei primi segnali.
Il percorso di cura non è facile e richiede l’aiuto di tutti i familiari. Di solito implica una rieducazione alimentare, il monitoraggio medico e, soprattutto, terapia psicologica, che rappresenta l’aspetto fondamentale della riabilitazione. Il paziente dovrà fare i conti con sé stesso e con la propria immagine, imparando a identificare le percezioni non oggettive che hanno innescato il disturbo.
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